Opinioni e altre faccende



Piccola raccolta di opinioni personali e questioni diverse, sempre attinenti al mondo della guida.





2 luglio 2013

Pomoli e patenti

Mettevi comodi, oggi ho parecchio da dire.

La scorsa settimana, nel palazzo dove vivo, è apparso un cartello che ricordava quanto fosse importante chiudere il portone interno. Avete presente il classico portone interno, no? Quello che dà sulla strada è normalmente pesante e robusto, in legno massiccio o nelle realizzazioni più recenti in metallo, magari impreziosito da un accenno di vetrata. Il portone interno, invece, è quasi sempre più leggero, decisamente meno massiccio e normalmente più aperto.

Nel senso che capita molto spesso, perlomeno nel palazzo dove vivo, di trovarlo socchiuso, non agganciato, o anche decisamente spalancato. Questo fino alla scorsa settimana, quando l’amministratore, non si sa se di sua spontanea volontà o se sollecitato da qualche inquilino particolarmente annoiato, ha deciso di ricordarci che il portone interno doveva restare sempre chiuso. 

Restava solo un piccolo, quasi insignificante problema. Il portone interno del palazzo in cui vivo non aveva mai avuto una maniglia. Mancava, al suo posto c’era un normalissimo foro d’ordinanza, nulla di straordinario, ma di certo non la soluzione ideale per chi aveva la necessità di chiuderlo. E adesso che ci penso, forse la mancanza della maniglia era una delle cause della sua mancata chiusura.

Sono così trascorsi altri giorni in cui il portone è rimasto allegramente socchiuso, non agganciato o anche decisamente spalancato.

Ieri l’amministratore, non si sa se di sua spontanea volontà o se sollecitato da qualche inquilino che oltre ad essere particolarmente annoiato proprio non ce la faceva a farsi una bella dose di fatti suoi, ha fatto montare una maniglia al portone interno del palazzo dove vivo.

Quindi, direte voi, da oggi lo tenete chiuso, vero?

No.

Perché chi ha montato la maniglia, in realtà ha installato un pomolo. Si, uno di quei bei pomoli in ottone che sono tanto eleganti su una porta interna in mogano e danno un tocco di classe in una casa di montagna.
Uno di quei pomoli che quando li afferri, devi contrarre spasmodicamente le dita e fare forza con il polso, in particolare quando ti trascini dietro quei trenta-quaranta chili di portone interno, altrimenti ti scivola via e non riesci a ruotarlo. Che se è rotondo, secondo me, non è nato per essere ruotato con poco sforzo, magari andava meglio una maniglia, dico io.
Se a questo aggiungiamo che il pomolo è proprio all’estremità del portone e che quando lo tiri a te per chiuderlo strisci con le nocche sulla parete, ecco che, chissà come mai, la voglia di chiudere il portone interno del palazzo dove vivo proprio non riesco a trovarla.
Ma lo farò lo stesso, perché l’amministratore ha deciso così (e probabilmente è giusto, anche per motivi di sicurezza) e ormai c’è lo strumento per poterlo fare. Sbagliato, ma c’è. 
Vi state domandando tutta questa storia cosa dimostra e cosa c’entra con le patenti? 
Ma non vi ricorda una situazione che stiamo vivendo? Parliamo di duplicati patenti. Parliamo per metafore. Abbiamo tenuto il portone aperto per tanto tempo anche se non si doveva, perché abbiamo sempre pensato che fosse compito di altri il tenerlo chiuso. Non andava bene all’amministratore e ci hanno detto “lo devi chiudere tu”. Poco convinti, siamo andati avanti come prima e abbiamo risposto “ci mancano i mezzi”. Ci hanno fornito i mezzi ma, qui sta il succo, non sono quelli adeguati.
Penso che il motivo per cui ci troviamo a lavorare così male, è perché chi ha ordinato di montare uno scomodissimo pomolo al posto di una perfetta maniglia, non è quello che poi deve chiudere il portone. 
Uscendo dalla metafora: se le procedure vengono ideate da chi poi non ci lavora, è inutile che ci lamentiamo, costui o costoro non conoscono le nostre difficoltà. 


17 luglio 2013 
Conigli di guida
Sono fermo in una strada con diritto di precedenza, in attesa di ripartire, al termine di una coda causata dal semaforo rosso. Ho lasciato libero lo spazio in corrispondenza di una stradina laterale, che è a senso unico. Ed eccolo che arriva. Guida un carro attrezzi, senza cintura, una mano che preme sull’orecchio. Ha addosso tutta la premura del mondo perché sta andando sul luogo di un incidente. Sulle sue spalle c’è tutto il peso di una responsabilità immensa: deve fare in fretta.
Un poco per la velocità e un poco per il fatto che manovra il volante con una sola mano (mi è sembrato di vedere un pomello tipo muletto…inorridisco solo a pensarci) non riesce ad allinearsi allo spazio che gli ho lasciato, più che sufficiente in condizioni normali ma non per chi arriva per traverso come lui. Mi fa segno di andare. Lo ignoro. Sbuffano, lui e il carro, dalla bocca il primo e dalla marmitta il secondo. Con un gesto gli faccio capire che sto per ripartire e ho modo di vederlo meglio. Collo taurino, espressione irata, canottiera sotto al giubbotto catarifrangente, pesante catena dai riflessi dorati al collo, sembra uscito da uno dei peggiori bar di una qualsiasi città malfamata. Trascorrono meno di dieci secondi e la fila avanza. Con una manovra millimetrica l’uomo delle taverne mi sfiora il paraurti posteriore mentre semina qualche chilo di PM10 in accelerazione.
Non ho agito così per cattiveria. Ma per paranoia. Dico e ripeto sempre agli allievi che non devono accettare aiuto dagli altri automobilisti se non strettamente necessario. Soprattutto se l’aiuto (vai, vai, passa…) non è disinteressato , ma punta ad ottenere un vantaggio. Ti fanno segno di passare in una strettoia e poi scopri che dall’altra parte arriva un motociclista; ti invitano a sgombrare un incrocio e ti rendi conto che così facendo hai facilitato il passaggio a chi ti ha fatto cenno ma hai mancato di precedenza ad altri due…Sono conigli quelli che ti dicono di passare perché a loro fa comodo, se mai dovesse accadere un incidente si tirerebbero indietro. E poi non sono agenti di polizia stradale, non hanno una visione d’insieme della situazione, pensano solo al loro immediato vantaggio.


7 agosto 2013
Allungamento validità CQC
La circolare 20630 del 7 agosto 2013 chiarisce il decreto che ha allungato la vita delle CQC rilasciate per titoli. 
Di cosa tratta in concreto questo decreto? Del fatto che “come è noto l’articolo 8, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2003/59/CE prescrive che i titolari di diritti acquisiti, di cui all’articolo 4 della stessa direttiva, devono frequentare un corso di formazione periodica entro cinque anni dalla data di applicazione delle disposizioni in materia di qualificazione iniziale e formazione periodica dei conducenti professionali: ovvero entro cinque anni a decorrere dal 10 settembre 2008 per il trasporto di persone e dal 10 settembre 2009 per quello di cose”. Fin qui, nulla di nuovo. Il bello è che “il secondo capoverso dello stesso paragrafo 2 dell’articolo 8 prevede la possibilità per gli Stati membri di ridurre o prorogare il predetto termine allo scopo, fra l’altro, di consentire un’introduzione graduale della formazione periodica: tale opzione non era stata, in precedenza, ritenuta di interesse”
Quindi, avevamo la possibilità di modificare la data di inizio dei corsi di rinnovo ma non l’abbiamo fatto subito. 
Adesso, invece, ne sentiamo la necessità, perché “dalla Relazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni (…)”si è appreso che Belgio, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi e Svezia e, per talune ipotesi specifiche, anche Portogallo, Spagna e Norvegia, si sono avvalsi della possibilità di fissare il termine per il completamento della prima fase di formazione periodica dei conducenti a cui sono riconosciuti diritti acquisiti, alla data rispettivamente del 2015 per i titolari di patente di categoria D o DE, e 2016 per quelli di patente di categoria C o CE”
Ah, ma guarda, allora l’Europa non è poi così unita. L’effetto di questa occhiata in giro per le nazioni (effetto tardivo, perché la relazione è del 2012…!!) è semplice: “tale circostanza ha indotto la scrivente Amministrazione a predisporre lo schema di decreto in oggetto: si è ritenuto infatti opportuno riconoscere - anche ai conducenti titolari di patente di guida e CQC italiana, che possano vantare i predetti diritti acquisiti - la possibilità di usufruire di tale maggior termine per completare la formazione periodica, in luogo di quello più ristretto attualmente previsto”.
Chiaro, no? 
Riassunto: quando si è trattato di adottare le disposizioni europee non abbiamo pensato alle conseguenze, adesso ci rendiamo conto che qualcosa non funziona e come primo provvedimento allunghiamo la durata delle CQC.
Si, proprio così. 
Le CQC per titoli valgono due anni in più. 
Tutte. 
A prescindere. 
Intanto pensate a quelli che hanno appena fatto il corso di rinnovo e si ritrovano con la PatenteCQC stampata con una data che è, a tutti gli effetti, sbagliata. 
Mi astengo da ogni giudizio. Mi fa piacere per i possessori di CQC, che guadagnano 24 mesi senza muovere un dito, ma questo temo non sia il modo migliore di gestire la questione. 
Sbaglierò, ma credo che siano cose come queste che poi provocano il turismo abilitativo. ADR conseguite in Svizzera, CQC prese in Romania. Tempi brevi, costi ridotti. E noi autoscuole italiane a guardare e a cercare di spiegare ai clienti che le norme sono state modificate. 


19 agosto 2013
Noam Chomsky
A prescindere da qualunque ideologia si abbracci, le persone in grado usare il pensiero laterale dovrebbero essere sempre rispettate.
Immaginate un pentolone pieno d’acqua fredda nel quale nuota tranquillamente una rana. 
Il fuoco è acceso sotto la pentola, l’acqua si riscalda pian piano. Presto diventa tiepida. La rana la trova piuttosto gradevole e continua a nuotare. 
La temperatura sale. Adesso l’acqua è calda. Un po’ più di quanto la rana non apprezzi. Si stanca un po’, tuttavia non si spaventa. 
L’acqua adesso è davvero troppo calda. La rana la trova molto sgradevole, ma si è indebolita, non ha la forza di reagire. Allora sopporta e non fa nulla. Intanto la temperatura sale ancora, fino al momento in cui la rana finisce -semplicemente – morta bollita. 
Se la stessa rana fosse stata immersa direttamente nell’acqua a 50° avrebbe dato un forte colpo di zampa, sarebbe balzata subito fuori dal pentolone. 
Questa esperienza mostra che – quando un cambiamento si effettua in maniera sufficientemente lenta – sfugge alla coscienza e non suscita – per la maggior parte del tempo – nessuna reazione, nessuna opposizione, nessuna rivolta. 
Se guardiamo ciò che succede nella nostra società da alcuni decenni, ci accorgiamo che stiamo subiamo una lenta deriva alla quale ci abituiamo. Un sacco di cose, che ci avrebbero fatto orrore 20, 30 o 40 anni fa, a poco a poco sono diventate banali, edulcorate e – oggi – ci disturbano solo leggermente o lasciano decisamente indifferenti la gran parte delle persone. In nome del progresso e della scienza, i peggiori attentati alle libertà individuali, alla dignità della persona, all’integrità della natura, alla bellezza ed alla felicità di vivere, si effettuano lentamente ed inesorabilmente con la complicità costante delle vittime, ignoranti o sprovvedute. 
I foschi presagi annunciati per il futuro, anziché suscitare delle reazioni e delle misure preventive, non fanno altro che preparare psicologicamente il popolo ad accettare le condizioni di vita decadenti, perfino drammatiche. 
Il permanente ingozzamento di informazioni da parte dei media satura i cervelli che non riescono più a discernere, a pensare con la loro testa. 
Allora se non siete come la rana, già mezzo bolliti, date il colpo di zampa salutare, prima che sia troppo tardi!


26 settembre 2013
Scassa e continua
Mi impressionano sempre quelli che riescono ad andare in giro con la macchina tenuta insieme con lo spago. Dico “riescono” perché, intanto, ci vuole un certo coraggio a muoversi con un veicoli la cui affidabilità ha delle basi piuttosto aleatorie ma soprattutto bisogna avere la fortuna di non essere mai verificati su strada. 
In questo, devo dire che hanno gioco facile Quello dei controlli (del loro numero ma anche della qualità) è un aspetto doloroso per chi si occupa di circolazione e sicurezza: abbiamo la più bassa media a livello europeo e non ce la caviamo per niente bene in particolare con il trasporto pesante. Sono moltissime le irregolarità di chi si sposta con veicoli pesanti, in particolare per il trasporto cose ma non solo. 
Fa piacere sapere che esiste un modulo utilizzato dal personale addetto a queste verifiche. Mi pare più che giusto se si vuole garantire uniformità e sicurezza, nella speranza che si trovino i fondi per addestrare il personale da mandare su strada (il CAPS - Centro Addestramento Polizia di Stato di Cesena, già centro Addestramento Polizia Stradale fondato nel 1955, ha sospeso i corsi nel 2011), si incrementi la loro dotazione con strumenti all’avanguardia (etilometri e drug-test, per citare solo i più noti) e in conclusione si incrementi il numero di pattuglie in grado di svolgere in pieno il loro lavoro.


25 dicembre 2013
Questo ci salverà
Qualche volta mi domandano: come si fa ad evitare gli incidenti? Provo a dare una (parziale) risposta.
Dato che le percezioni sensoriali sono fondamentali per la guida in sicurezza, occorre saper valutare onestamente le proprie condizioni psicofisiche, senza sottovalutare nessun aspetto. Tra i parametri da tenere presente ci sono la stanchezza, l’assunzione di eventuali sostanze che influenzano la guida e l’attenzione. Possedere una buona salute, essere concentrati e riposati, però, non basta. In un ambiente difficile e in continua mutazione come il traffico, il conducente esperto può ancora fare la differenza. In particolare diventa importante capire nel minor tempo possibile la situazione che si sta verificando e compiere delle scelte sensate in funzione di ciò che accade attorno all’autoveicolo. Non è solo questione di riflessi pronti. Se si trattasse di questo, i conducenti giovani sarebbero avvantaggiati, invece accade che siano proprio loro a restare “sorpresi” da una situazione che non sono stati in grado di anticipare.
La carta vincente del conducente esperto è la visione d’insieme, la capacità di collegare tra loro azioni apparentemente slegate e questo avviene grazie ad un “archivio” di situazioni già vissute. L’interazione tra ciò che il conducente vede e la proiezione mnemonica delle precedenti esperienze rende più facile trovare la via di fuga da una situazione potenzialmente pericolosa. L’esperto dunque abbina una ottima capacità di osservazione con la tecnica visiva e il personale bagaglio di “vita vissuta” per comprendere istantaneamente la situazione, ipotizzarne gli sviluppi e decidere come agire e soprattutto disporre di un margine di tempo che gli consente di azionare i comandi modulando la frenata o la sterzata evitando movimenti bruschi. Tutte cose che l’inesperto e il disattento non sono in grado di fare. 
Detto questo, le statistiche dovrebbero riportare di incidenti in cui “cascano” prevalentemente giovani e inesperti, notoriamente più disattenti giusto per sommare un altro elemento a loro svantaggio. Ma così non è. Al conducente esperto per diventare un conducente sicuro manca un elemento: la paranoia. 
Si, sto ingrandendo il concetto ed esagerando con i termini: avrei potuto dire semplicemente che un conducente può evitare gli incidenti se:
- è esperto (significa avere molti chilometri alle spalle, quindi un vasto archivio di situazioni vissute cui attingere in caso di necessità);
- è attento (la disattenzione non può essere compensata dall’esperienza, siete liberi di non credermi ma vi consiglio di non sperimentarlo. E nell’attenzione ci faccio ricadere anche la buona condizione fisica);
- è previdente (in altre parole cerca di prevedere il comportamento altrui, i possibili problemi sulla strada e tiene conto delle condizioni del veicolo).
Non ho inserito in questo elenco il fatto che il conducente dovrebbe rispettare le norme. Già. In effetti non è indispensabile. Non sto scherzando e nemmeno istigando alla ribellione stradale, dico semplicemente che una elevata percentuale di articoli del Codice tratta di argomenti che con la sicurezza hanno poco a che vedere: se lascio un rimorchio staccato in sosta in un centro abitato a quale rischio mi espongo? Adesso non perdiamo tempo a discutere sull’utilità dei limiti usati per installare i velox o dei semafori dove la telecamera è pronta a riprenderti se passi con il giallo mentre due metri più in là un motociclista cade perché il Comune non ha utilizzato neppure un centesimo di euro ricavato dalle sanzioni amministrative stradali per riparare una buca. Ma non scandalizziamoci neppure se dico (a titolo puramente accademico) che con le opportune condizioni si può superare il limite di velocità senza fare male a nessuno ed è possibile attraversare un incrocio con il semaforo rosso senza provocare un sinistro.
Come? Agendo con estrema cura, verificando due volte tutto ciò che potrebbe non funzionare, cercando di immaginare tutti gli scenari possibili (anche quelli apparentemente irrealizzabili), pianificando l’azione come se tutto potesse andare storto e tenendosi pronti al peggio, sempre. Un comportamento che lascia trapelare una psicosi, basato su un sistema di convinzioni, principalmente a tema persecutorio, non sempre corrispondenti alla realtà. Ma, proprio perché prende in considerazione tutto, anche l’impossibile, è un comportamento a prova di bomba: precedendolo, azzera il pericolo. Quindi, per concludere, se ne deduce che quando ci troviamo alla guida la componente più importante non è la precedenza, ma la paranoia. Questo ci salverà.


31 dicembre 2013
Corri, corri
La nonna ti aspetta davanti alla scuola, anche sotto la pioggia o con il vento freddo. Ti ripara con l’ombrello d’inverno e si preoccupa che tu non abbia un’insolazione d’estate. Verifica che tu abbia l’abbigliamento adatto alla temperatura della giornata e ti domanda se hai mangiato. Si premura di vedere se sei di buon umore e ti domanda che cosa non va appena si accorge di una tua espressione insolita. Eppure…
Eppure quando mi tocca intervenire sui freni davanti ad una scuola materna o elementare in orario di uscita, perché qualcuno sta attraversando fuori dalle strisce magari guardando dal lato sbagliato, otto volte su dieci è una coppia nonna+nipote. Che corre o saltella velocemente. E mi immagino l’adulto che con tono stentoreo afferma “Corri, corri, che ce la facciamo…”
Crescerà con questo imprinting quel bambino/a, lo sapete, vero?


31 gennaio 2014
Una giornata con i fiocchi
Quattro fiocchi e finalmente si scopre chi sa guidare.
Intendo dire che è nelle difficoltà che si riconosce la capacità di interpretare la strada. Non parlerò adesso dei bombardoni da autostrada (ma prima o poi un post su quelli che sanno andare forte solo con il volante dritto lo farò, promesso) mi riferisco a quelli che si lamentano che la macchina non sta in strada.
Da molti anni le case costruttrici hanno incrementato i loro sforzi al fine di migliorare la sicurezza degli autoveicoli a livello passivo e attivo, sotto la spinta di campagne di sensibilizzazione volute dagli utenti o per soddisfare requisiti imposti dalle normative oppure, infine, per dimostrare la loro capacità tecnica nel corso dei crash test. Tra le tante soluzioni adottate tempo addietro c’è stato anche un generale ricorso alla tendenza sottosterzante delle autovetture e più in genere degli autoveicoli. In sostanza i progettisti e successivamente i collaudatori dei nuovi veicoli venivano chiamati a impostare e a sviluppare un veicolo la cui tendenza, al limite, era quella di allargare con il muso. Il ragionamento che stava dietro a questa scelta era semplice e apparentemente inoppugnabile: un conducente di capacità media che si trovi a dover controllare un’improvvisa perdita di aderenza istintivamente alza il piede dall’acceleratore e cerca di frenare. Esattamente quello che è necessario fare in caso di sottosterzo. Le case costruttrici, dunque, hanno pensato che solo pochi sono quelli avvezzi al controsterzo, cioè alla manovra che permetterebbe, se eseguita con i giusti tempi e la dovuta sensibilità, di riportare in traiettoria un autoveicolo con tendenza sovrasterzante. “Facciamo tutte le macchine sottosterzanti, allora”, si sono detti. Tutto bene? Forse non tutto.
Quante volte abbiamo sentito dire, dopo un incidente, che “la macchina è scappata” o addirittura ascoltato la confusa spiegazione di un conducente che non aveva idea di cosa era accaduto e di come aveva perso il controllo? “Sollevare l’asticella” delle prestazioni e in particolar modo della tenuta di strada ha reso più difficile al conducente la comprensione dei limiti della fisica; diventa sempre più facile, con i veicoli di recente progettazione, avvicinarsi a questo confine senza la dovuta percezione del pericolo. Siamo arrivati ad avere autovetture sempre più silenziose che non fanno intuire istantaneamente a quale velocità si sta viaggiando, assetti capaci di assorbire la maggior parte delle asperità impedendo al conducente di percepire il limite di aderenza e organi di sterzo che filtrano le sensazioni che provengono dall’asfalto falsando le reazioni di chi è al volante.
Sia chiaro che tutto questo viene detto senza intenzione alcuna di entrare in polemica con chi tratta di sicurezza stradale, progetta le auto e le rende obbiettivamente più sicure. Tutto quello che vorrei è semplicemente far si che si ragioni anche su questo aspetto, sull’altro lato della medaglia. La formazione dei conducenti deve tenere conto delle mutate condizioni.
Rendendo più confortevoli e sicuri gli autoveicoli è innegabile che si siano salvate moltissime vite, riducendo però la guida ad una esperienza poco “sensoriale”, dove il conducente deve attenersi ai dettami che gli giungono dall’alto e non è richiesta una particolare sensibilità. Anzi, la sensibilità che il conducente potrebbe avere gli viene chiesto di non utilizzarla in quanto per poterne fare sfoggio è necessario scavalcare le centraline elettroniche e quindi la si dovrebbe esprimere ad un tale livello di prestazioni (velocità, percorrenza di curva, eccetera) che sono raggiungibili solo in pista e non su strada aperta alla normale circolazione. Tutto questo non ha forse ridotto la responsabilità del conducente, sempre meno chiamato ad interpretare il comportamento del veicolo, sempre più protetto dalla tecnologia? Dove sono finiti quelli che dal colore dell'asfalto sanno dirti a che velocità puoi affrontare la curva? Forse gli ultimi superstiti di questa -e altre- capacità sono i motociclisti veri. No, non quelli in infradito sullo scooterone (ci sarebbe un post anche per quelli...).
Da anni abbiamo gli ausili elettronici in grado di ripristinare la direzionalità in curva (entro certi limiti) come il controllo elettronico della stabilità, presto avremo su tutte le auto nuove la frenata automatica. L'ABS e l'ESP messi assieme salvano migliaia di vite ogni anno in Europa, ne abbiamo la prova statistica, ma potrebbero certamente salvarne molte di più se fossero vissuti dai conducenti in maniera più consapevole. Intanto, acquistandoli (almeno l'ESP) al posto di qualche altro accessorio, almeno fino a che una norma che attendiamo da tempo non lo renderà obbligatorio al pari dell’ABS. E poi mettendosi al volante e guidando come se l’ABS e l’ESP non esistessero. Prevenire anziché curare dicevano i saggi. Oggi, in attesa di sistemi di guida completamente automatici dove l’intervento umano non è richiesto, ci accontenteremmo che i nuovi conducenti fossero coscienti del fatto che il sistema di sicurezza più evoluto che possa esistere non è contenuto in una centralina elettronica ma nella nostra scatola cranica.


27 settembre 2014
Mi sorge un dubbio...
In questi giorni sono stati divulgati i quiz per le patenti superiori. Non si tratta della prima uscita, già in precedenza era stato diffuso un data base non definitivo e secondo la circolare neppure questo è l'elenco completo delle domande che troveremo a video a marzo. La più rilevante differenza tra l'attuale listato e il precedente (che probabilmente spiega anche quale variazione ci dobbiamo aspettare) è condensata in un capitolo che è letteralmente scomparso.
Mi spiego meglio. 
Ben sapendo che si trattava di un listato non definitivo, a suo tempo mi ero limitato a trarre degli spunti per impostare i corsi futuri e il relativo testo. Osservando la suddivisione in argomenti avevo notato una serie di domande su “Frizione: nozione sui tipi esistenti, funzionamento, componenti principali, collegamenti, impiego e manutenzione ordinaria”, inserite in quello che provvisoriamente era il capitolo 15.
Mi ero sorpreso dell’importanza data ad una singola parte meccanica, considerando anche il fatto che la frizione era già presente nelle domande del capitolo 11.
Eppure, verificando il programma d'esame, compreso nell’ormai famoso decreto legislativo 59 (e successive modifiche) al punto 4.2.5 appare proprio la frase: frizione: nozioni sui tipi esistenti, funzionamento, componenti principali, collegamenti, impiego e manutenzione ordinaria (solo categorie CE, DE).
Dovevo quindi pensare che la frizione venisse considerata un argomento molto importante?
Quello che non quadrava, però, era la prescrizione solo per CE e DE. 
Provai quindi ad indagare e sapendo che sul sito http://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=CELEX:02006L0126-20131023 sono presenti i testi delle normative comunitarie in tutte le lingue, verificai il testo in inglese, in francese e in spagnolo (il tedesco non è alla mia portata…).
Cosa scoprii? Che in inglese il termine riportato nella normativa è “coupling systems”, in francese “dispositifs d'attelage” e via così. 
Insomma, mi convinsi che il termine voluto dal legislatore era “agganciamento” e non frizione e questo concordava con il fatto che queste domande dovevano essere sottoposte solo a soggetti esaminati per le patenti CE e DE.
Parlai di questa cosa in giro ed espressi le mie perplesità anche alla direzione nazionale autoscuole, la quale forse è intervenuta presso il ministero. Non dubito sul fatto di essere arrivato secondo, terzo o ultimo nel fare presente questa cosa, non importa, quello che conta è che oggi il capitolo "Frizione" nei quiz non è più presente. Certo bisogna ancora correggere il decreto legislativo 59 che contiene il programma, ma a questo provvederanno a breve, credo.


20 aprile 2015
Pignolo
Si, sono un terribile rompiscatole che si diverte a trovare gli errori altrui. Ma non posso farci nulla. Quando vedo certe cose mi viene il dubbio che il mondo sia governato da dilettanti che si improvvisano. Ok, sbaglio anche io. E magari non è così importante. Anzi, di sicuro non è importante. Solo che è un segno di quanto ci sia gente competente dall'altra parte. 







Piccole riflessioni dolorose
Guidando e istruendo tutti i giorni in una grande città si sviluppa in breve tempo un certo qual fatalismo nei confronti delle infrazioni in genere e dei comportamenti pericolosi degli altri utenti in particolare. Se però sei tra quelli che ogni volta restano stupiti davanti ad un rosso bruciato in disinvoltura come se fosse la prima volta che ne vedi uno, allora a lungo andare ti si sviluppa una sorta di desiderio di giustizia automobilistica.
Cominci a pensare, forse anche per via del lavoro che fai, che si dovrebbero punire diversamente gli automobilisti indisciplinati. Magari non tutti, ma di certo quelli che ti tagliano la strada quando l’allievo è alla prima guida, quelli che ti suonano mentre cerchi di spiegare come si solleva la frizione senza spegnere il motore, quelli davanti a te che non usano l’indicatore nel preciso istante in cui stai dicendo al ragazzo alle prime armi quanto è importante segnalare sempre in ogni rotatoria.
Arriva poi il giorno in cui ti domandi perché il governo o lo Stato non abbiano mai fatto nulla di concreto per stroncare certi vizi. Te lo chiedi soprattutto quando nelle lezioni teoriche parli della sicurezza stradale e di quanti incidenti con morti e feriti ci sono ogni anno in Italia.
Ti viene fuori anche qualche proposta, con le prime certamente improponibili, come l’imporre delle prove di guida ad ogni rinnovo. Resti comunque con il desiderio che si faccia qualcosa, che si tolga qualche patente. 
Infine, lentamente, capisci perché.
Perché non togliamo qualche patente? Per ragioni economiche, altrimenti chi compra la benzina o paga l’IVA sulle auto e tutto quello che ci sta attorno (ogni anno gli automobilisti versano nella casse dello Stato 72 miliardi di euro)
Infine, ma proprio all’ultimo, ti viene un dubbio. Lavorando, come dicevo, immerso nell’ambiente automobilistico, capita di non riuscire a vedere oltre il limitato orizzonte della propria esperienza.
I morti per alcool sono circa 20000 all’anno, in Italia.
Per il tabagismo circa 90000.
Noi automobilisti siamo molto, ma molto più bravi. Siamo scesi da 5400 nel 2001 a 3650 nel 2012 (il 10% in meno del 2011) 
Volendo si potrebbe discutere a lungo su quanto questa riduzione sia dovuta alla maggior coscienza degli automobilisti in tema di guida sicura e quanto al miglioramento dei dispositivi di sicurezza attiva e passiva sui veicoli. 
Quanto spendiamo per prevenire e curare i danni provocati dal fumo? 
Secondo una recente indagine, tra spesa sanitaria e costi sociali, il cancro pesa sui paesi Ue per oltre 126 miliardi di euro ogni anno. L'impatto economico maggiore è dovuto proprio al tumore del polmone. 
C’è tutto un mondo di altri problemi, là fuori. 
Rimane da fare una constatazione amara: per lo Stato siamo una fonte importante di entrate ma non contiamo abbastanza in termini di mortalità per spingerlo ad intervenire in maniera drastica.


21 luglio 2014
Caporetto del Portale
Avevano dichiarato che non sarebbe mai successo.
E invece...
Alla fine hanno dovuto cedere. Il Portale lo aveva già fatto da un poco, oggi anche Vitelli ha alzato bandiera bianca, con la circolare 16137. 
Due circolari quasi concomitanti ci fanno capire che la situazione del Portale non sembra vicina ad una soluzione.
La 16412 propone una soluzione temporanea per la prenotazione degli esami di guida, consentendo di inserire entro sei giorni (e non più dieci). 
La 16384, invece, ammette una procedura di emergenza per i rinnovi.
Come potete notare, nel primo caso la procedura è già operativa, nel secondo andrà in vigore il 24 per concludersi (come la prima) il 28. Due commenti a caldo: perché non far partire subito la procedura di emergenza per i rinnovi? Domani, 23 luglio, pensano che tutto funzioni? 
E poi, quei quattro giorni di sospensione fanno presagire che si faranno lavori importanti fino al 28, quindi non aspettiamoci che il Portale funzioni dopo il 24. 


26 SETTEMBRE 2014
I miei due centesimi sugli esami quiz superiori
La circolare 20367 del 22 settembre, dice:
A far data 2 marzo 2015 gli esami di teoria per il conseguimento delle patenti di guida delle categorie C1, C1E, C, CE, D1, D1E, D e DE si svolgeranno con i nuovi quiz. Con l'applicazione dei quiz informatizzati anche per le patenti superiori abbiamo chiuso un'era. Niente più esami orali (tralasciamo i casi ammessi dalle circolari, irrilevanti e residuali). Il mio parere, che non conta nulla ma che mi permetto di esprimere perché questo spazio è a disposizione di tutte le opinioni e non vedo perché dovrei privarmi di questa possibilità, è che non sia un vantaggio fare tutti gli esami con il computer.
So già quali obiezioni potrebbero arrivarmi: finalmente il candidato non sarà più in balia dei capricci dell'ingegnere di turno che si alza con il piede sbagliato al mattino. Ok, questo potrebbe anche starmi bene, quello che trovo sbagliato è che si vada a cancellare l'ultima possibilità di verificare la conoscenza delle norme di titolari di patenti da alcuni anni (uno o venti non cambia). Si, perché fino a quando era previsto un esame completo, con tanto di segnaletica, il candidato studiava e ripassava, mentre ora ci si limiterà a studiare le risposte in anticipo.
Se proprio non si poteva fare a meno dei quiz informatizzati, sarebbe stato bene lasciare tra gli argomenti d'esame la normativa per intero e sarebbe stato meglio preparare dei quiz seri, magari eliminando i ridicoli e inutili disegnini delle precedenze, sostituendoli con immagini prese dal posto di guida. Ma tanto è inutile che lo dico... questa rivoluzione non mi trova concorde, a meno che... a meno che la prossima mossa non sia quella di imporre un corso (con o senza prova finale vedremo) a chi rinnova la patente. Ma la vedo molto, molto, molto difficile...


20 novembre 2014
Come la gestisco?
Parliamo di rinnovo CQC e patente insieme. Quando si deve rinnovare una patente superiore con visita medica e contemporaneamente una CQC con l’attestato di frequenza, ci sono due strade percorribili. Quali sono vantaggi e svantaggi, ma soprattutto quali sono queste due strade?
Prima soluzione: visita medica “classica” con rilascio di certificato in bollo e foto autenticata dal medico, pratica 74TO con all’interno patente e CQC in originale, certificato e attestato. Versamenti 9,00+9,00+32,00. 
Seconda soluzione: rinnovo della patente attraverso il portale con “nuovo metodo” e richiesta del rinnovo CQC successivo all’arrivo della patente rinnovata. Versamenti 9,00+16,00 per il rinnovo patente e 9,00+32,00 per il rinnovo CQC. 
Iniziamo parlando dell’aspetto economico: alla fine, si equivalgono. Infatti nel primo caso abbiamo 16,00 euro di marca da bollo da apporre sul certificato medico e la differenza sono spiccioli di tasse postali (o come volete chiamarle adesso). A livello di velocità, tranquillità e correttezza, il secondo sistema batte il primo. Nel primo caso dobbiamo togliere al cliente i documenti originali, farlo circolare con un permesso valido solo in Italia e di durata limitata, alla scadenza del quale dovremo produrre un secondo permesso sostitutivo. Inoltre se viene effettuato un controllo su strada, la patente risulta scaduta (ebbene si) con possibili conseguenze, anche a livello assicurativo. Perché vai a spiegare al maresciallo (o all’avvocato dell’assicurazione) che il certificato medico attesta che il titolare di patente è idoneo alla guida. A terminale non sta scritto, l’originale è nella pratica e la nuove procedure prevedono che quando la patente scade, dopo la visita la si riceve -nuova- in tre giorni. Ci sono stati casi di conducenti multati per questo, i quali hanno poi dovuto fare ricorso per far valere i loro diritti. Il problema principale rimane però la circolazione all’estero che è impossibile senza il documento originale. 
Il secondo sistema vince senza dubbio? Certo la procedura è accattivante: il cliente dopo la visita riceve la patente nuova in tre giorni, può conservare la vecchia (è vero che la dovrebbe distruggere, ma quanti sono i conducenti professionali che “amano” la loro patente e non la lascerebbero mai, anche perché magari ha sopra la foto di quando avevano ancora i capelli…), quando presentiamo la richiesta di rinnovo CQC la patenteCQC gli rimane in tasca e riporta già l’estensione d’ufficio a due anni…insomma tutto bene? Ovviamente no, perché a ben vedere uno svantaggio c’è. Cambiando la patente cambia anche il numero della medesima e alla seconda sostituzione si perde il riferimento alla patente originaria, il cui numero è riportato sulla carta tachigrafica. Pertanto chi possiede questo particolare documento, adottando la seconda procedura sarà costretto a duplicarla.


11 aprile 2015
Quale ora?
Un collega mi dice che gli hanno riferito che un amico di suo cugino ha notato che l’orario riportato al fondo del blog (ora di alba e tramonto) è sbagliato. 
Avendo a disposizione qualche minuto, provo a controllare e non trovo nulla di sbagliato. Eppure qualche piccola differenza ci potrebbe essere. Soprattutto se all’alba ti trovi a Lecce e stai parlando al telefono con un amico di Torino, dove è ancora buio. Ma partiamo dall’inizio.
Intanto esistono molti e diversi tipi di tempo. Il Tempo universale (UT dall'inglese Universal Time) è la scala dei tempi basata sulla rotazione della Terra da cui deriva il calcolo degli orari su tutto il pianeta. A sua volta deriva dal Greenwich Mean Time (GMT), cioè dal giorno solare medio sopra il meridiano di Greenwich che è considerato convenzionalmente come il meridiano zero. Come funziona il GMT dovremmo saperlo, visto che lo citiamo ogni volta che parliamo di crono digitale. Purtroppo GMT è usato a volte, in modo errato, come sinonimo di UTC, mentre in effetti è diviso tra UTC e UT1.
La misurazione del tempo ha origini ancor prima dell’antichità e si è sviluppata, curiosamente, in maniera analoga su tutto il pianeta, a differenza di ciò che è accaduto, per esempio, alla datazione o, per venire ad un argomento più vicino a noi, alla mano da tenere. Magari un giorno avrò il tempo di scrivere un post sulle più eclatanti differenze e uguaglianze nel mondo dell’auto in generale. Sapevate che in Italia un tempo le auto circolavano a sinistra? E che la Svezia è passata dalla circolazione a sinistra a quella a destra in una notte? Ma non divaghiamo. 
Fino all’inizio del 1800 ogni paese (inteso come centro abitato) era libero di regolare i propri orologi, spesso partendo dalle meridiane come indicazione approssimativa, più frequentemente utilizzando le campane della chiesa come segnale orario, ma sempre basandosi sulla posizione del sole. Poteva quindi accadere di partire da Brema a mezzogiorno ed arrivare ad Amburgo alle undici e cinquantacinque. Tutto questo non provocò gravi problemi fino a quando non venne il momento di sincronizzare le comunicazioni fra le diverse città che utilizzavano lo stesso servizio, come il treno, per esempio. Il 12 dicembre 1866 Roma e Milano adottarono un'ora comune fissata sull'ora corrispondente al meridiano che passava per il Campidoglio. Qualche giorno più tardi (1º gennaio 1867) anche Torino e Bologna si adeguarono al nuovo sistema, mentre Venezia lo fece più tardi (1º maggio 1880). Mancava però una qualche forma di coordinamento con gli altri Stati. Il sistema dei fusi orari fu discusso nel corso della Conferenza Internazionale dei Meridiani convocata a Washington D.C. nell'ottobre del 1884 a cui parteciparono 25 paesi tra cui l'Italia. La Conferenza stabilì le regole generali del sistema che fu assunto come standard internazionale a partire dal 1º novembre. Il primo standard internazionale al riguardo divideva il mondo in 24 zone temporali, con una logica tutto sommato condivisibile secondo la quale ad ogni zona veniva assegnata un’ora diversa. Ogni zona copriva 15° di longitudine senza tenere conto dell’effettivo confine. In Italia l'adozione del sistema dei fusi orari fu introdotto con un regio decreto del 10 agosto 1893 (si, in effetti abbiamo qualche difficoltà a recepire tempestivamente le direttive, e non da oggi…) ed entrò in vigore il 31 ottobre dello stesso anno. La cosa curiosa è che il meridiano di riferimento per il fuso orario al quale appartiene l'Italia passa per il meridiano Termoli – Etna. E quindi Roma non c’entra nulla…
E’ quindi evidente, vista la diversa posizione sulla superficie del pianeta, che anche se abbiamo un unico orario a livello nazionale, ogni città (potremmo dire ogni punto del pianeta) ha un’ora di alba e tramonto diversi. E’ molto semplice conoscere l’orario di questi due eventi, giorno per giorno e località per località attraverso diversi siti internet. I quali, innanzitutto, vi chiederanno dove vi trovate. Alcuni sono così precisi da effettuare anche una correzione riguardante la forma di calcolo dell’orario basato sugli standard astronomici, navali o aeronautici. Noi adottiamo lo standard civile, quello ufficiale, senza addentrarci in sofisticati calcoli. Se vi va di fare un giro sulla rete, questi sono alcuni siti che si occupano di fornire questo servizio.

sito semplice e senza fronzoli, si nota come sia null’altro che la traduzione di un sito estero


sito tecnico e preciso, consente di effettuare il calcolo per località o secondo le coordinate. Potreste voler sapere a che ora albeggia quando siete in mezzo all’oceano…

altro sito molto tecnico con una gradevole particolarità: la possibilità di utilizzare una mappa interattiva che visualizza i dati fondamentali al passaggio del mouse località per località.
Potreste scoprire che il giorno 11 aprile il sole si è palesato alle 06:14 a Lecce (uno dei punti più ad est della nostra nazione) e alle 06:51 a Torino (che è molto più a ovest). Significa che c’è più di mezzo fuso orario tra le due località. E chi l’avrebbe detto!


20 aprile 2015 
Segnali insoliti
Per una volta non parliamo di problemi di Aginet e di patenti complicate, ci rilassiamo con qualche segnale divertente. Girando per il web potete trovarne a decine, da quelli con i canguri australiani ai divieti più strani. Quelli che seguono sono nostrani o perlomeno europei.






Immagine ricevuta da un attento lettore, che ci informa di come esistano segnali inattesi...






21 aprile 2015
Veicoli insoliti
Abbiamo già visto qualche segnale non previsto dal codice della strada o utilizzato in maniera "fantasiosa", adesso è la volta dei veicoli. I quali, a differenza dei cartelli, non sono strani perché sbagliati, ma lo sono perché non più utilizzati o non commercializzati. Per quanto siano previsti dalla normativa, è difficile vedere degli autoarticolati conducibili con patente C1E, perché in Italia ne circolano pochi, oppure degli autotreni o autosnodati trasporto persone, che invece erano diffusi in passato. L'autotreno e l'autoarticolato filobus, invece, non sono italiani. 






































NOVEMBER GAME (2017)
Sarà capitato a tutti di trovarsi in guida e osservare le auto che ci circondano alla ricerca di qualche spunto in grado di sollevarci dalla monotonia della circolazione stradale. Un colore particolare, un elemento estetico insolito o un modello mai visto prima, richiamano l’attenzione di chi, come noi, ha fatto della conoscenza dell’auto la propria attività lavorativa. In una giornata particolarmente priva di attrattive, mi sono domandato quante probabilità ci fossero di incrociare un veicolo la cui targa contenesse le mie iniziali. Dapprima sono andato per tentativi e ho stabilito un criterio per via empirica, contando il numero di veicoli incontrati prima di ritrovare la sigla ricercata. Poi la curiosità ha preso piede e sono passato a chiedermi quante auto avrei dovuto scansionare ad occhio prima di trovare una determinata sigla o una combinazione di lettere e numeri. Sono arrivato a riflettere sulle probabilità che la targa CR000MA sia stata assegnata davvero ad una Fiat di quel modello o che la CA220NE non sia già stata distrutta dal proprietario, incapace di reggere alla vergogna. Ci sono infinite possibilità di trarre parole (o brevissime frasi) dai caratteri alfanumerici che compongono una targa e se non bastano si può sempre ricorrere alla tecnica “Leet”. Senza andare troppo nel tecnico e scomodare siti come http://1337.me/, vi basti sapere che siete dei nostri se avete salutato almeno una volta una targa che conteneva “C140”. Si, i numeri possono essere trasformati in lettere, infatti conosco la proprietaria della Citroen avente come targa il nome di mia figlia, è una collega… Tornando al quesito originale, se sto cercando una certa targa, quanto ci metterò a trovarla? 
Secondo Wikipedia “Dal 28 febbraio 1994 (…) viene rivoluzionato il sistema di numerazione: scompare la sigla della provincia e la targa si compone di una combinazione di sette caratteri alfanumerici costituiti da lettere nelle prime due e nelle ultime due posizioni e cifre nelle tre posizioni centrali. L'ordine è seriale per le tre cifre e poi per le quattro lettere, cosicché da ottenere ad esempio la sequenza AA 998 AA, AA 999 AA, AA 000 AB. Vengono utilizzate in totale 22 lettere (quelle dell'alfabeto inglese ad esclusione di I, O, Q e U) che formerebbero un totale di 234 256 000 possibili disposizioni. In realtà sussiste il rischio che altre categorie di targhe automobilistiche replichino alcune combinazioni alfanumeriche delle targhe ordinarie, per cui alcuni abbinamenti di lettere sono stati esclusi. (…) La serie EE non è stata utilizzata da veicoli civili per motivi di ambiguità, soprattutto per non creare problemi con i sistemi di rilevamento automatici. Alcune combinazioni sono riservate a usi specifici: sin dall'origine (1994) le combinazioni inizianti con "Z" (a partire da ZA 000 AA) sono assegnate alle targhe posteriori quadrate. (…) Le targhe vengono assegnate alle province a lotti, seguendo indicativamente la frequenza di immatricolazioni. L'introduzione del sistema di numerazione avvenne quindi gradualmente, via via che le singole province esaurivano le targhe obsolete: (…) il lotto inaugurale con la combinazione AA 000 AA fu assegnato alla provincia di Terni. (…) In virtù della distribuzione a lotti delle targhe, anche questo sistema di numerazione consente di risalire alla provincia di prima immatricolazione, sempre che non vi siano stati "prestiti" fra le province per sopperire a ritardi nelle consegne o a consumi anomali. Utilizzano comunque gli stessi lotti di targhe alcune province, come Firenze e Prato o Milano e Monza, in quanto condividono l'ufficio della Motorizzazione Civile.
Per sapere dove è stato assegnato un certo lotto di targhe potete fare riferimento a questo link:http://www.targheitaliane.com/visualizza_1994.php
Per un riassunto per provincia invece cliccate qui:http://www.targheitaliane.com/visualizza_1994_prov.php
Ne deriva che certe sigle potrebbero non essere mai arrivate da noi. Per esempio, secondo il sito il primo lotto assegnato a Torino era composto da targhe ABxxxPD. Un’auto con targa AAxxxAA, quindi, non avrebbe motivo di trovarsi qui. Poi però va considerato che non è più prevista la reimmatricolazione dell’auto in caso di vendita in altra provincia e questo incrementa la possibilità di incrociare sulle nostre strade anche sigle che non sono mai state assegnate da via Bertani (e precedentemente da corso Belgio).
Quello che non sono riuscito a trovare è una tabella che permetta di risalire “al volo” al mese o almeno al periodo di immatricolazione partendo dalla coppia di lettere iniziali. In attesa di incontrare in rete un sito che abbia in archivio questo dato, ho verificato empiricamente, attraverso le immagini delle prove su strada di Quattroruote e Auto. Ne è venuta fuori una tabella simile:

Sigla inizialePeriodo di inizio assegnazione
 (approssimativo)
AA1994 (non tutte le province)
AB1994 (non tutte le province)
AC1994 (non tutte le province)
AD1994/ GEN 1995
AEFEB 1995
AFAPR 1995
AGGIU 1995
AHOTT 1995
AJGEN 1996
AKMAR 1996
ALLUG 1996
AMNOV 1996
ANGEN 1997
APMAR 1997
ARGIU 1997
ASSET 1997
ATNOV 1997
AVGEN 1998
AWAPR 1998
AXMAG 1998
AYLUG 1998
AZSET 1998
BAOTT 1998
BBDIC 1998
BCGEN 1999
BDMAR 1999
BEMAG 1999
BFSET 1999
BGOTT 1999
BHGEN 2000
BJFEB 2000
BKAPR 2000
BLGIU 2000
BMAGO 2000
BNSET 2000
BPNOV 2000
BRDIC 2000
BSGEN 2001
BTMAR 2001
BVGIU 2001
BWAGO 2001
BXSET 2001 
BYNOV 2001
BZGEN 2002
CAMAG 2002
CBGIU 2002
CCNON ASSEGNATE
CDNON ASSEGNATE
CESET 2003
CFDIC 2003
CGMAR 2003
CHAGO 2003 
CJOTT 2003
CKGEN 2004
CLMAR 2004
CMMAG 2004
CNLUG 2004
CPSET 2004
CRNOV 2004
CSGEN 2005
CTMAR 2005
CVMAG 2005
CWLUG 2005
CXSET 2005
CYNOV 2005
CZGEN 2006
DAAPR 2006
DBGIU 2006
DCSET 2006 
DDNOV 2006
DEGEN 2007
DFMAR 2007
DGMAG 2007
DHLUG 2007
DJSET 2007
DKNOV 2007
DLDIC 2007
DMFEB 2008
DNAPR 2008
DPGIU 2008 
DRSET 2008
DSNOV 2008
DTGEN 2009
DVMAR 2009
DWMAG 2009
DXSET 2009 
DYNOV 2009
DZGEN 2010
EAAPR 2010
EBGIU 2010
ECAGO 2010
EDOTT 2010
EENON ASSEGNATE
EFGEN 2011
EGAPR 2011
EHLUG 2011
EJSET 2011
EKNOV 2011
ELGEN 2012
EMMAG 2012
ENSET 2012
EPGEN 2013
ERGIU 2013
ESGEN 2014
ETAPR 2014
EVLUG 2014
EWOTT 2014
EXNOV 2014
EYGEN 2015
EZAPR 2015
FALUG 2015
FBSET 2015
FCGEN 2016
FDAPR 2016
FEGIU 2016
FFOTT 2016
FGGEN 2017
FHMAR 2017
FJMAG 2017
FKGIU 2017
FLAGO 2017
FM  OTT  2017 

FN GEN 2018

FP MAR 2018

FR MAG 2018

FS LUG 2018

FT NOV 2018

FV GEN 2019

FW MAR 2019


FX GIU 2019

FY SET 2019

FZ NOV 2019

GA GEN 2020

GB APR-GIU 2020 (in periodo di pandemia le consegne erano pari a zero)

GC SET 2020
GD NOV 2020
GE FEB 2021
GF APR 2021
GG GIU 2021
GH NOV 2021
GJ  FEB 2022
GK  MAG 2022
GL LUG 2022
GM NOV 2022
GN FEB 2023
GP GIU 2023
GR SET 2023
GS NOV 2023
GT FEB 2024
GV MAG 2024
GW LUG 2024


Nel cercare di calcolare le probabilità di incrociare proprio la sigla che stiamo cercando, va poi aggiunto il “tasso di demolizione” che per le auto più vecchie è consistente. E’ quindi lecito supporre che le auto con targa AAxxxAA siano ormai poche, mentre le GMxxAA sono per ora tutte in circolazione. Già, ma quante sono queste auto, in concreto? Prendendo in considerazione solo la numerazione in uso dal 1994, come descritta in precedenza, si tratta (ad oggi) di:
-       484.000 veicoli aventi la stessa coppia di lettere iniziale.
-       122.000 veicoli aventi la stessa coppia di lettere finale;
Come ci arriviamo? Nel primo caso tenendo conto del fatto che la coppia di lettere iniziale rimane la stessa fino a quando non sono state esaurite tutte le combinazioni tra le lettere finali, che sono 22x22 (484) e che ogni combinazione tra le lettere finali “dura” 1000 targhe, da 000 a 999.
Nel secondo caso calcolando che la combinazione delle lettere finali si associa a 1000 targhe per tante volte quante sono state le combinazioni delle lettere iniziali. Attualmente siamo arrivati ad “FM” che corrisponde a 5 volte 22 (tutte le lettere si sono accoppiate finora alle lettere iniziali A, B, C, D ed E) più 12 (lettere A,B,C,D,E,F,G,H,J,K,L,M).
Mentre ci siamo, potremmo estendere la nostra ricerca ai numeri o, meglio, ad un numero particolare, per esempio 000 oppure 123. Considerando che i numeri si ripetono dopo aver esaurito la combinazione di lettere finali (484) e che finora abbiamo avuto 122 ripetizioni, si fa presto a dire che ci sono:
-        59.048 veicoli aventi lo stesso numero centrale.
Tutto questo su un totale di quanti veicoli che adottano questo tipo di targhe? Le targhe rilasciate con il sistema in uso da 23 anni a questa parte sono 58.926.000. A questa cifra si arriva moltiplicando le targhe con la stessa coppia di lettere iniziale (484.000) per il numero di combinazioni distribuite finora (122) e sottraendo le targhe (CC, CD, EE) che non sono mai state prodotte. Fin qui i miei ragionamenti e calcoli, che qualcuno potrebbe contestare, al punto che sarei felice di avere una smentita. Davvero, vorrebbe dire che qualcuno ci ha ragionato sopra. 
Tenendo conto del fatto che circolano in Italia circa 37 milioni di auto (QUI le statistiche ufficiali) e che questo numero si è stabilizzato negli ultimi 5 anni, significa che il numero di veicoli introdotti pareggia quello dei ritirati. Si parla di circa 150.000/170.000 veicoli al mese, dato riscontrabile anche sul Portale, a QUESTA pagina. Tutto ciò ci porta ad ipotizzare che dal 1994 siano state avviate a rottamazione (o esportate, radiate, rubate o qualunque altra cosa) oltre 30 milioni di targhe. E’ impressionante sapere che approssimativamente metà delle auto che hanno appoggiato le ruote sull'asfalto negli ultimi 20/25 anni non esistono più.


E' il momento di portare a compimento questa lunga e sostanzialmente inutile dissertazione. Dapprima arrotondo il parco veicolare a 35 milioni fingendo che le targhe precedenti al meccanismo attuale siano circa un paio di milioni e, se la matematica non è una opinione, ricavo che trovare una targa con un particolare numero centrale richiede di osservare quasi 600 auto (59.000 su 35 milioni), se cercassi una particolare coppia di lettere finale dovrei mettere in conto di dover incrociare poco meno di 300 auto (122.000 su 35 milioni) mentre per una specifica coppia iniziale me ne bastano 70 (484.000 su 35 milioni). Sono numeri statistici, quindi non si dovrebbe prendere in considerazione la prima occorrenza, che potrebbe essere frutto della fortuna, ma dalla seconda in poi. Per concludere, devo anche considerare che se la ricerca riguarda la coppia di lettere finali o il numero centrale, posso fare affidamento su una certa uniformità (le targhe ritirate dalla circolazione avranno toccato in pari misura tutte le diverse combinazioni), mentre la caccia ad una coppia di lettere iniziali deve tenere conto della loro anzianità, pertanto una GF rientra statisticamente nel 100% di probabilità di incontrarla all'interno del range calcolato, con una AA avrei forse il 10% di probabilità. In tal caso significa che dovrei aguzzare la vista per 725 volte, targa più, targa meno.     












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